8 settembre 2012

"PRIVATEERING" DI MARK KNOPFLER E' UN AUTENTICO CAPOLAVORO, UNO DI QUEGLI ALBUM CHE SI CLASSIFICANO ABITUALMENTE CON LE 5 STELLE.
UN DOPPIO CD DOVE KNOPFLER PRESENTA UN VERO E PROPRIO CAMPIONARIO DI TUTTA LA SUA MAESTRIA COMPOSITIVA. SI SPAZIA DAL BLUES AL COUNTRY, DALLA BALLAD IN STILE "DIRE STRAITS" AL FOLK DI MATRICE IRISH. IL TUTTO ACCOMPAGNATO DA UN GRUPPO DI MUSICISTI DI CLASSE E RAFFINATEZZA CON POCHI PARI AL GIORNO D'OGGI.
PER CONFERMARE QUANTO VI DICO, ECCOVI LA BELLA RECENSIONE CURATA DAL SITO ON LINE "OUTSIDERS".

Knopfler ha sempre dato l’impressione che la sua carriera solista prima o poi sarebbe dovuta arrivare a un punto di svolta. La deriva folk-rock del dopo Dire Straits, è stata portata avanti con grande consapevolezza fin dal principio, con l’ottima uscita di Sailing to Philadelphia; tuttavia, si è sempre sentito il bisogno di un disco emblematico che sapesse sintetizzare le buone qualità di questa nuova esperienza. Un disco dai tratti più decisi, canzoni da cantare e a cui affezionarsi. I lavori più recenti iniziavano a diventare ripetitivi, e si avvertiva che una ventata di freschezza era più che necessaria. Ecco che allora la nuova uscita di Privateering dovrebbe riuscire a riportare un sorriso sulle facce degli appassionati.
Privateering è un album monumentale: venti tracce raccolte in doppio cd in cui Knopfler ha voluto condensare tutta la propria esperienza solista degli ultimi anni, accentuando ciò è diventato e valorizzandolo molto più di quanto avevano fatto album precedenti. Malinconiche folk-songs, blues d’autore, divagazioni irlandesi e brillanti strizzatine d’occhio alla musica dei Dire Straits moltiplicano le possibilità espressive di un chitarrista in ottima forma, così che è veramente difficile annoiarsi, a cominciare dai numerosi boogies e shuffles contenuti nel disco 2, che ricordano non a caso riff celebri come Southbound Again, arricchiti talvolta da un ventata di rozzo cajun, ma allo stesso tempo suonati con quella delicatezza tutta britannica che rende unico il loro autore.Il blues sembra entrato nelle vene di Knopfler in molte delle sue forme, dalle incursioni elettriche di Don’t Forget Your Hat, passando per il parlato di Hot or What in perfetto stile Chicago, fino alla cavalcata acustica di Got to Have Something. Bene anche un paio di brani decisamente rock, in cui si risveglia una verve forse sopita negli ultimi dischi. Su tutti i brani, Corned Beef City è degna dei migliori Hot Tuna e travolge fin dalle prime battute.
Non resteranno delusi nemmeno gli appassionati delle ballate su cui da molto tempo Knopfler è riuscito a creare quasi un marchio di fabbrica: impressionismo e tanta poesia. Redbud Tree, che apre il disco, è sufficiente per comprendere che Knopfler è tornato più ispirato che mai. Ascoltare a tutti i costi la title track Privateering se si ha ancora qualche dubbio: un blues dal sapore irlandese che forse nemmeno Rory Gallagher avrebbe saputo comporre meglio conferma immediatamente che abbiamo tra le mani uno dei dischi migliori di Knopfler. L’intervento dei violini a metà brano crea un’atmosfera commovente che mette voglia di essere catapultati in una data qualsiasi del tour annunciato per questa primavera. Complice di questa buona riuscita anche la presenza di testi validi, che si sposano bene con la forma della ballata, e che raccontano storie di corsari, storie di amori che finiscono, di famiglie travolte da una contemporanea Grande Depressione, meravigliosi paesaggi rurali come quello di Yon Two Crows, in cui si sente tuto l’amore di Knopfler per la musica irlandese. È invece un lamento che viene dritto dal Delta del Mississippi quello di Bluebird, blues rurale dai sapore tetro e misterioso, le cui linee iniziali recitano: “Ci sono corvi nel mio cibo e ratti nel mio fienile, se fossi in te uccellino, cercherei un’altra fattoria”.Maturità artistica è un’espressione che fa ridere pensando a un’icona del rock come Mark Knopfler. Sarà sufficiente dire che Privateering segna in maniera indelebile una carriera solista che aveva bisogno di un disco così vario e articolato, capace di raccogliere come in un Best of tutto il meglio di un’esperienza musicale ancora in corso, lasciando a ogni svolazzo dell’ispirazione lo spazio necessario per svilupparsi in quei due, tre, quattro brani. Un album fondamentale non solo per gli appassionati, ma soprattutto per quanti vogliano vedere di che cosa Knopfler sia veramente capace.

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