E' UNO DEI DISCHI PIU' BELLI (O ALMENO UNO DI QUELLI CHE PIU' CI E' PIACIUTO) DI QUESTA PRIMA PARTE DI 2014. PARLIAMO DI "LOST IN THE DREAM", SECONDA PROVA DI "THE WAR ON DRUGS", UNO DEI MODI MIGLIORI DI ATTUALIZZARE LA CLASSICA TRADIZIONE AMERICANA. ECCO LA BELLA RECENSIONE PRESA DAL SITO DI QUELLA CHE E' LA RIVISTA MUSICALE PER ECCELLENZA DEL SUONO AMERICANO, "l'ULTIMO BUSCADERO"
THE WAR ON DRUGS
Lost In The Dream
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Se il precedente album dei War On Drugs di Adam Granduciel era un deciso passo
avanti rispetto all’esordio e un ottimo disco di per sé, col nuovo
Lost In The Dream pubblicano il loro personale capolavoro e, praticamente certo,
un CD che finirà in parecchie classifiche di fine anno. Nati a Philadelphia
nel 2003 dall’incontro fra Granduciel e Kurt Vile, ma presto diventati
la creatura essenzialmente del primo (e infatti Vile rimarrà poco, per
concentrarsi sulla sua carriera solista a capo dei Violators), TWOD sono sempre
stati una band in bilico fra vari mondi musicali, senza dubbio inseriti nella
tradizione rock americana, però capaci di screziarla con innesti apparentemente
alieni come l’ambient, la drone music, il kraut-rock. Definitivamente
assestatisi quale vera band – oltre a Granduciel, ci sono Dave Hartley,
Robbie Bennet e Charlie Hall – con Lost In The Dream hanno portato ad
un livello successivo le intuizioni del passato. Non bastasse l’attenzione
data alla scrittura stessa delle canzoni, a colpire è l’impareggiabile
brillantezza dei suoni, il loro brulicare di particolari, il modo in cui guidano
l’ascoltatore in un territorio che pare posizionato, in egual misura,
su una di quelle highway americane immerse in un paesaggio immenso, così
come tra le spire immaginifiche del sogno e del sentimento interiore. E come
palesa il titolo, davvero ci si perde nelle spirali oniriche di queste canzoni,
evocativa e visionaria materializzazione di quella daydream nation che da sempre
sono gli Stati Uniti nel nostro immaginario. In queste canzoni, le chitarre
e gli strumenti del rock si mescolano ai synth e alle tastiere, affrescando
una musica che sembra contemporaneamente proiettata nel futuro e rivolta al
passato. Per molti versi, il suono potrebbe rimandare a quello di tanto rock
anni ‘80 (quello dello Springsteen di quel decennio, ad esempio) ma, come
dicevamo, essendo particolarmente cesellato e contrassegnato da incursioni in
lidi diversi da quelli del rock, finisce col raggiungere una sua univoca originalità.
Il disco si apre con la lunghissima Under The Pressure, onirico trip continuamente
rilanciato da piccoli cambiamenti ritmici, con un break nel mezzo e una lunga
coda strumentale. Il singolo Red Eyes ha molto in comune con quanto proposto
dagli Arcade Fire in The Suburbs: la base di partenza rimane Springsteen, in
un pezzo dove la melodia quasi epica si perde tra tastiere space, chitarre tintinnanti
ed il lontano rimbrottare dei fiati. Per Suffering, Granduciel ha dichiarato
di essersi ispirato a Mind Games di John Lennon: si tratta di una ballata avvolgente
costruita al piano, con un bel lavoro chitarristico e molto d’atmosfera,
in cui appare anche un fantasmatico sax. Le chitarre furoreggiano in An Ocean
Between The Waves, canzone in wide screen continuamente attraversata da guitar
solos, emblematico pezzo War On Drugs; più tipicamente eighties Disappearing,
con la batteria con l’eco ed il suono di un ARP 2600 a riempire gli spazi
lasciati dalla chitarra; bellissima Eyes To The Wind, classicamente folk-rock,
con l’armonica ed il piano sugli scudi; The Haunting Idle – fateci
caso, i titoli delle canzoni, in questo disco, evocano in maniera limpida il
loro stesso contenuto musicale – è uno strumentale allucinato,
tra chitarre stilizzate e desertiche e synth ambientali; ancora una volta magistrale
anche Burning, pulsare krauto al servizio di una melodia aerea, dylaniana via
Tom Petty, dotata di uno slancio epico tale da riempire il cuore. Il disco si
avvia alla conclusione con due ballate: la prima, la title-track, è un
pezzo toccante ed intimo, molto classico anche nei suoni, tra chitarre tremolanti,
piano e organo; la seconda, In Reverse, ha un intro ambient evocante l’alba
che sorge su una spiaggia, presto confluente in un sound dalle mille rifrazioni
sonore e con un Granduciel particolarmente efficace nell’accarezzarci
con una splendida e dolce melodia. Disco fenomenale Lost In The Dream, ambizioso
e destinato a spedire i War On Drugs definitivamente tra gli artisti che contano.
Consigliato, ovviamente.