30 aprile 2014

E' UNO DEI DISCHI PIU' BELLI (O ALMENO UNO DI QUELLI CHE PIU' CI E' PIACIUTO) DI QUESTA PRIMA PARTE DI 2014. PARLIAMO DI "LOST IN THE DREAM", SECONDA PROVA DI "THE WAR ON DRUGS", UNO DEI MODI MIGLIORI DI ATTUALIZZARE LA CLASSICA TRADIZIONE AMERICANA. ECCO LA BELLA RECENSIONE PRESA DAL SITO DI QUELLA CHE E' LA RIVISTA MUSICALE PER ECCELLENZA DEL SUONO AMERICANO, "l'ULTIMO BUSCADERO"



THE WAR ON DRUGS
Lost In The Dream
****
Se il precedente album dei War On Drugs di Adam Granduciel era un deciso passo avanti rispetto all’esordio e un ottimo disco di per sé, col nuovo Lost In The Dream pubblicano il loro personale capolavoro e, praticamente certo, un CD che finirà in parecchie classifiche di fine anno. Nati a Philadelphia nel 2003 dall’incontro fra Granduciel e Kurt Vile, ma presto diventati la creatura essenzialmente del primo (e infatti Vile rimarrà poco, per concentrarsi sulla sua carriera solista a capo dei Violators), TWOD sono sempre stati una band in bilico fra vari mondi musicali, senza dubbio inseriti nella tradizione rock americana, però capaci di screziarla con innesti apparentemente alieni come l’ambient, la drone music, il kraut-rock. Definitivamente assestatisi quale vera band – oltre a Granduciel, ci sono Dave Hartley, Robbie Bennet e Charlie Hall – con Lost In The Dream hanno portato ad un livello successivo le intuizioni del passato. Non bastasse l’attenzione data alla scrittura stessa delle canzoni, a colpire è l’impareggiabile brillantezza dei suoni, il loro brulicare di particolari, il modo in cui guidano l’ascoltatore in un territorio che pare posizionato, in egual misura, su una di quelle highway americane immerse in un paesaggio immenso, così come tra le spire immaginifiche del sogno e del sentimento interiore. E come palesa il titolo, davvero ci si perde nelle spirali oniriche di queste canzoni, evocativa e visionaria materializzazione di quella daydream nation che da sempre sono gli Stati Uniti nel nostro immaginario. In queste canzoni, le chitarre e gli strumenti del rock si mescolano ai synth e alle tastiere, affrescando una musica che sembra contemporaneamente proiettata nel futuro e rivolta al passato. Per molti versi, il suono potrebbe rimandare a quello di tanto rock anni ‘80 (quello dello Springsteen di quel decennio, ad esempio) ma, come dicevamo, essendo particolarmente cesellato e contrassegnato da incursioni in lidi diversi da quelli del rock, finisce col raggiungere una sua univoca originalità. Il disco si apre con la lunghissima Under The Pressure, onirico trip continuamente rilanciato da piccoli cambiamenti ritmici, con un break nel mezzo e una lunga coda strumentale. Il singolo Red Eyes ha molto in comune con quanto proposto dagli Arcade Fire in The Suburbs: la base di partenza rimane Springsteen, in un pezzo dove la melodia quasi epica si perde tra tastiere space, chitarre tintinnanti ed il lontano rimbrottare dei fiati. Per Suffering, Granduciel ha dichiarato di essersi ispirato a Mind Games di John Lennon: si tratta di una ballata avvolgente costruita al piano, con un bel lavoro chitarristico e molto d’atmosfera, in cui appare anche un fantasmatico sax. Le chitarre furoreggiano in An Ocean Between The Waves, canzone in wide screen continuamente attraversata da guitar solos, emblematico pezzo War On Drugs; più tipicamente eighties Disappearing, con la batteria con l’eco ed il suono di un ARP 2600 a riempire gli spazi lasciati dalla chitarra; bellissima Eyes To The Wind, classicamente folk-rock, con l’armonica ed il piano sugli scudi; The Haunting Idle – fateci caso, i titoli delle canzoni, in questo disco, evocano in maniera limpida il loro stesso contenuto musicale – è uno strumentale allucinato, tra chitarre stilizzate e desertiche e synth ambientali; ancora una volta magistrale anche Burning, pulsare krauto al servizio di una melodia aerea, dylaniana via Tom Petty, dotata di uno slancio epico tale da riempire il cuore. Il disco si avvia alla conclusione con due ballate: la prima, la title-track, è un pezzo toccante ed intimo, molto classico anche nei suoni, tra chitarre tremolanti, piano e organo; la seconda, In Reverse, ha un intro ambient evocante l’alba che sorge su una spiaggia, presto confluente in un sound dalle mille rifrazioni sonore e con un Granduciel particolarmente efficace nell’accarezzarci con una splendida e dolce melodia. Disco fenomenale Lost In The Dream, ambizioso e destinato a spedire i War On Drugs definitivamente tra gli artisti che contano. Consigliato, ovviamente.

Nessun commento:

Posta un commento