Parli degli Alabama Shakes
e capisci subito che il rischio di sprofondare nella sagra delle
etichette e dei paragoni è tangibile. Provi a uscirne immune, allora,
tenti con l’omeopatia: l’unica è inghiottirne subito una discreta
quantità. ‘Swamp rock’, ‘retro soul’, ‘nuovi White Stripes’ ‘new
gospel’, ‘southern rock’, ‘nuovi Kings Of Leon’, ‘Motown sound’. Fatto. Bene.
Ora ti resta nelle orecchie una giovane band che attira la tua
attenzione con una marca originale di rock, fatta della felice sintesi
di stili che tu hai cercato di dissezionare per capirne l’origine e la
ragione del piacere ma che loro, al contrario, hanno già amalgamato con
libertà e spontaneità. Il quintetto dell’Alabama capitanato da Brittany
Howard, splendida vocalist senza filtri, è con ogni probabilità LA rock
band su cui puntare quest’anno e, in assenza di una possibilità di
ammirarlo dal vivo (è così che in pochi mesi ha costruito una
reputazione già solida), bisogna ascoltarne l’album d’esordio "Boys
& girls", registrato, autoprodotto e mixato nei Bomb Shelter Studios
di Nashville e uscito in Europa per la Rough Trade (oltre oceano hanno
firmato per la label di Dave Matthews, la ATO).
Gli Alabama Shakes vengono da un luogo della terra e della mente degli
Stati Uniti contraddittorio, dove etichette come la Stax Records,
formazioni come Booker-T & The MG’s, studi di registrazione come i
Muscle Schoals Studios hanno sfornato capolavori in serie il cui unico
filo rosso era la fusione naturale tra il gospel e il rock, tra il nero e
il bianco. Quell’integrazione razziale tra componenti dei gruppi che,
fuori, una segregazione dura a morire impediva invece di realizzare ha
generato il migliore Southern Rock, del quale questi ragazzi sono una
nitida espressione: su quelle melodie, che percepiamo come uno standard,
hanno poi ricamato con originalità, contaminando, innestando riff,
piantando la bandiera del 2012 sulla tradizione.
Brittany Howard ha da tempo messo le cose in chiaro con “Hold on”: la
sua voce appassionata e tormentata canta “credevo di non farcela ad
arrivare a ventidue anni” e si spalma sul blues di questo primo singolo
con la forza grezza del rock più sporco. L’impressione che la band venga
da un’epoca passata della musica si deve proprio a lei: versatile,
arrochita, con una grande estensione e per niente irreggimentata, mette
l’anima in ogni nota. Ma ha il pregio di non condizionare con la sua
personalità la band che, semmai, è votata ad un’anarchica creatività, è
eclettica dentro. “I found you”, ad esempio: sarebbe la guitar ballad
per eccellenza ma poi, al ritornello, ecco la pausa e poi quelle
maracas, quell’organo e quel coretto che ti spostano a Detroit, 1967 circa. “Hang loose” è costruita su un
piano boogie woogie che sostiene un riff semplice e ipnotico: gli Stones
la sporcherebbero con le chitarre in primo piano, ma potrebbe essere la
loro. Il soul è nell’approccio ancora prima che nelle corde di
Brittany, che grida e torna al falsetto nell’ottima “I ain’t the same”
ed è letteralmente struggente in “Heartbreaker”, stavolta quasi un
personal show che riecheggia i 50’s.
Ora che Jack White
li ha presi sotto la sua ala protettiva, gli Alabama Shakes saranno
certamente sovraesposti, e sul giudizio dell’ascoltatore potrebbe finire
per pesare questa tonnellata di hype che rischia di schiacciarli. E
ammettiamolo, pure l’accento sul vintage e l’analogico e la pretesa
della controtendenza a tutti i costi sono in agguato. Eppure, anche
grazie al fatto che le loro sono ‘solo’ ottime canzoni senza essere
classici, conservo la fiducia che possiamo essere al primo episodio di
una vicenda che deve ancora maturare. L’esordio è eccellente, BOYS &
GIRLS è soprattutto una promessa. Riuscire a mantenerla sarebbe super.
(Giampiero Di Carlo)
TRACKLIST:
"Hold on"
"I found you"
"Hang loose"
"Rise to the Sun"
"You ain't alone"
"Goin' to the party"
"Heartbreaker”
"Boys & girls"
"Be mine"
"I ain't the same"
"On your way"
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