CHRIS ROBINSON
"BIG MOON RITUAL"
Tutti lo conosciamo come la grande voce di uno dei gruppi che ha tenuto vivo negli anni 80 e 90 il fuoco sacro del southern-rock, i mitici Black Crowes. Qui Robinson si diverte a rimescolare le carte confezionando un disco sempre rock ma con chiarissime influenze psichedeliche, da California frichettona anni '60, con echi di Grateful Dead e di Pink Floyd.
Un disco assolutamente da avere, e se non vi fidate di me leggetevi questa recensione del sito "Rootshighway".
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Chris
Robinson Brotherhood BIg Moon Ritual [Silver Arrow 2012] www.chrisrobinsonbrotherhood.com File Under: california dreamin' di Gabriele Gatto (02/07/2012) |
Se con il citato This Magnificent Distance Chris Robinson aveva inteso dare sfogo alla sua indole più cantautorale e diretta, oggi fate attenzione: qui siamo agli esatti antipodi. Basterebbe vedere la tracklist: sette canzoni per oltre sessanta minuti di musica, e neppure un brano sotto i sette minuti. E, soprattutto, durante le sessions di registrazione, Chris e soci dovevano avere affissa in studio la fotografia di Jerry Garcia e dei Grateful Dead, il vero afflato ispiratore di questo disco, che aleggia su tutte le canzoni e che promana fin già dalla copertina, misteriosa e quasi mistica. Sono le atmosfere liquide tipiche della California più psichedelica degli anni Sessanta a farla da padrone, con la chitarra di Neal Casal, non un fulmine di guerra ma di certo un musicista di gran gusto, e le tastiere completamente anacronistiche di MacDougall a dettare i tempi (sentire l'introduzione di Reflections in a Broken Mirror per credere…suoni che sembrano uscire da The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd) in un percorso sonoro che abbraccia le divagazioni rootsy degli ultimi due album dei Black Crowes dilatandole a dismisura e liquefacendole in un torrenziali cascate chitarristiche à la Garcia (vedere Rosalee e l'apertura di Tulsa Yesterday).
E poi c'è la voce di Robinson, probabilmente uno dei più grandi interpreti della storia del rock'n'roll a fare la differenza: seppure priva della dirompente carica soul che caratterizzava sia le sue interpretazioni con i Black Crowes sia quelle dei primi due album solisti, riesce a caratterizzare con passaggi languidi ed improvvisi sussulti le canzoni del disco. Clou della sua interpretazione è senza dubbio Beware or Take Care, tutta sospesa fra atmosfere lunari ed improvvisi cambi di passo. Insomma, un disco del tutto inaspettato ed affascinante, magari non privo di difetti (un secondo chitarrista al posto di Chris, che suona la ritmica in tutti i brani, avrebbe di certo giovato) ma sincero specchio di uno spirito hippy che ha pochi equivalenti al giorno d'oggi. E si spera che qualche anima pia porti la barbuta Chris Robinson Brotherhood in Italia, perché non vi è dubbio che quella dal vivo sia la cornice ideale per godersi brani come questi.