ROCKET JUICE & THE MOON
Il nuovo progetto di Damon Albarn dei Blur, Flea dei Red Hot e Tony Allen (per anni al fianco di Fela Kuti) nella recensione di Rockol.it
Rocket Juice & The Moon. Un supergruppo. Damon Albarn: voce, chitarra e tastiere. Flea: ovviamente al basso. Tony Allen: batteria e percussioni. Sulla nascita dei Rocket Juice non si sa molto, o forse c’è ben poco da sapere. Allen e Albarn collaborano nel 2006 al progetto The Good, The Bad and the Queen. Albarn lo conosciamo. Allen è percussionista, musicista, compositore e produttore, noto ai più per la lunga militanza a fianco del grande Fela Kuti, guru indiscusso dell’afrobeat. I due si piacciono e decidono di portare avanti il sodalizio. Il potenziale progetto non ha un nome, ma cattura l’interesse di Flea: i Red Hot Chili Peppers sono in una fase di transizione dopo l’ennesima uscita di John Frusciante dal gruppo. C’è tempo, e soprattutto tanta voglia, per lanciarsi in una nuova esperienza. Detto fatto: nel 2008 nascono ufficialmente i Rocket Juice & The Moon. L’idea di base è di fondere tre anime diverse in un unico sound: l’afrofunk di Allen, il funk e basta di Flea, il “tutto il resto” di Albarn. Parole d’ordine: jam session, sperimentazione, improvvisazione. Tra una cosa e l’altra però, passano tre anni. Flea e Albarn devono occuparsi dei rispettivi gruppi di origine (Albarn ha in ballo la reunion con i Blur, i Gorillaz e l’opera "Doctor Dee" sul mago elisabettiano John Dee, alchimista, astrologo, matematico e spia alla corte della regina Elisabetta I dal 1558, e Flea il ritorno dei Red Hot) e di tempo per i Rocket ne avanza poco. Questo fino al 2011. Ad ottobre, Albarn comunica che è stato trovato un nome alla band, e che il trio farà presto il suo esordio live. La location prescelta è il Cork Jazz Festival, in Irlanda. I nostri si esibiscono sotto il moniker Another Honest Jon's Chop Up!, il set è un trionfo. Il passo successivo la pubblicazione di un lavoro in studio: il 26 marzo 2012 vede finalmente la luce il tanto atteso disco d’esordio, l’omonimo “Rocket juice & the moon”.
Ed eccoci qui, diciotto pezzi più due bonus track per un totale di un’ora di musica, ovviamente autoprodotti (e ci mancherebbe), e impreziositi da una vagonata di featuring: Erykah Badu, Thundercat, la rivelazione africana classe 1982 Fatoumata Diawara, i rapper ghanesi M.anifest e M3nsa, il musicista maliano Cheick Tidiane Seck e l’Hypnotic Brass Ensemble di Chicago. Quattro anni di gestazione, registrato in studio tra New York, Londra, Parigi e Chicago, ma pensato quasi esclusivamente in ottica live. Partendo dal presupposto che non è detto che tre super talenti, messi insieme, debbano necessariamente dar vita a un supergruppo quantomeno degno di questo nome, va subito specificato che il risultato finale, per una volta, va ben oltre le più rosee aspettative. Ok, i pezzi sono tanti, alla lunga la faccenda è dura da digerire, e mettiamoci pure che rinunciare a un singolo in senso stretto, nel 2012 è una cosa che non ti spalanca le porte del mercato. “Rocket juice & the moon” però, non è un disco fatto per fare soldi. “Rocket juice & the moon” è un disco vecchio stile, concettualmente affine a certe produzioni anni Sessanta / Settanta, partorito da tre musicisti veri, posseduti irrimediabilmente dal demone della musica. Un disco fatto esclusivamente per essere consumato su un palco a furia d’improvvisazioni. Ottima la scelta degli ospiti: molto bene Erykah Badu, più che interessante Fatoumata Diawara, una delle voci più convincenti della nuova generazione, dirompenti M.anifest e M3nsa. Attenzione però: non sono i dettagli a fare la fortuna di questo album, quanto l’incredibile commistione di generi alla base dello stesso. Provate a immaginare di unire i Thievery Corporation con gli Hatfield & The North, trasportarli in Africa e farli suonare in mezzo a migliaia di persone di ogni genere e razza: afrobeat, afrofunk, funk, prog, jazz, psichedelia, quintali di world music, soul, rap, elettronica… Sono queste le solide fondamenta dei Rocket Juice & The Moon. Tanto, tantissimo materiale diverso che trova la quadratura del cerchio una volta inserito all’interno di una lunghissima jam session.Inutile soffermarsi su un pezzo piuttosto che un altro: dischi come questo non nascono per essere ascoltati con le cuffie. In altre parole, beato chi se li sentirà dal vivo (cosa che non succederà prima del 2013). D’accordo, per trovare il bandolo della matassa serve tempo e molta pazienza, e non è detto che tutti ce l’abbiano. Il loro essere supergruppo, così variegato poi, non invoglia certo l’ascolto (vedi i Super Heavy). I Rocket Juice & The Moon però, a differenza di altri, sono un supergruppo nato con un’idea ben precisa: suonare. Un supergruppo formato da tre super talenti che hanno messo la loro super esperienza al servizio di qualcosa di sperimentale, eppure molto, molto affascinante. Il consiglio quindi è di fare uno sforzo e andare fino in fondo. Ne varrà sicuramente la pena.
(Marco Jeannin)
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