THE DRUMS
Portamento
(Moshi Moshi) 2011
di Francesco Giordani
I newyorkesi Drums sembravano - e sembrano ancor oggi - personaggi fuggiti dalla copertina di un singolo minore degli Smiths: felicemente casti, per non dire asessuati, e leggeri come un ghirigoro di benevola (e benpensante) schiuma anni Cinquanta (quella che tanto solleticava la fantasia bozzettistica del loro maestro Jonathan Richman). E in fondo, questi quattro (ora cinque, come vedremo) romantici taccheggiatori di sogni della Grande Mela non hanno mai smesso di descrivere in dettaglio, nelle loro canzoni, l'esistenza quotidiana di quegli stessi personaggi da antologia smithsiana che così tanto gli somigliano, adolescenti wertheriani spesso inconfessabilmente spaventati e pieni d'amore inespresso.
Leggeri abbiamo detto, ma non ingenui o naif, come pure potrebbe sembrare in apparenza. Non esiste infatti band più programmatica e consapevolmente artefatta dei Drums (forse solo gli Horrors, per ragioni differenti), sin dall'inizio "unoriginal" (parole loro), per precisa scelta strategica, e vertiginosi come un'esercitazione di repertorio che diventa a poco poco, quasi impercettibilmente, più vera e stilisticamente avvincente dell'originale. Il nuovo "Portamento" (termine seicentesco che indica la transizione vocale tra due note) lo conferma: i Drums, più che ad una band, somigliano ad un arlecchino di gruppi in formato poster o ritaglio di giornale, incollati con furore morboso l'uno sopra l'altro. Una meta-band che canta meta-canzoni, traendone gioia e piacere infiniti.
A ben guardare non manca davvero nulla: dal doo-woop al surf, passando per i modellini di girl-group assemblati in studio da Phil Spector (fino a qualche tempo fa si parlava infatti di un possibile sodalizio con Mary Weiss delle Shangri Las) per arrivare fino alle band neo-puritane della Postcard più prelibata (non sarà sfuggita ai più svegli la non casuale collaborazione con l'ultimo Edwyn Collins), così come all'indie-pop friabile e biscottato del periodo C86. Ma i Drums non hanno mai fatto mistero circa la loro passione per gli svedesi Tough Alliance, ed ecco allora forse spiegato l'innesto di synth (in vago odore di New Order) e batterie elettroniche che caratterizzano la maggiore novità di "Portamento", soprattutto in pezzi come "Hard To Love", "Money" (ottimo testo), "I Need A Doctor" e "Searching For Heaven" (la più radicale nella costruzione).
Dopo il successo planetario del debutto, il gruppo, come molti sanno, ha perso per strada uno dei membri fondatori (il chitarrista Adam Kessler, che pare si sia dato improvvisamente alla vita in campagna) ma ha aggregato due nuovi elementi (tra cui Miles Matheny, chitarra dei wave-romantic Violens, da sentire assolutamente) spostando il batterista Connor Honwick alla chitarra e l'altro chitarrista Jacob Graham ai synth. Un chiasmo che ha dato i suoi frutti, senza tuttavia stravolgere o snaturare troppo la formula dell'esordio: una linea di sassofono impreziosisce la melodia cristallina di "What You Are", eppure non sembra essere passato nemmeno un secondo dalla vecchia "The Future", impressione ribadita dalle bellissime "Please Don't Leave", "In The Cold" o "If He Likes It Let Him Do It" (tra gli indiscussi picchi sentimentali della raccolta). Semmai si può parlare di un veloce apprendistato compositivo che sta portando la band a scoprire un'insospettabile complessità e che potrebbe segnare il progressivo passaggio, chi può dirlo, dalla piccola vignetta all'affresco vero e proprio.
Nel frattempo "Portamento" si lascia accarezzare come un sacchetto di piccole pietre, non troppo grezze, ma comunque preziose, che rotolano tra le dita confondendo i ricordi di un'estate già lontana.
Leggeri abbiamo detto, ma non ingenui o naif, come pure potrebbe sembrare in apparenza. Non esiste infatti band più programmatica e consapevolmente artefatta dei Drums (forse solo gli Horrors, per ragioni differenti), sin dall'inizio "unoriginal" (parole loro), per precisa scelta strategica, e vertiginosi come un'esercitazione di repertorio che diventa a poco poco, quasi impercettibilmente, più vera e stilisticamente avvincente dell'originale. Il nuovo "Portamento" (termine seicentesco che indica la transizione vocale tra due note) lo conferma: i Drums, più che ad una band, somigliano ad un arlecchino di gruppi in formato poster o ritaglio di giornale, incollati con furore morboso l'uno sopra l'altro. Una meta-band che canta meta-canzoni, traendone gioia e piacere infiniti.
A ben guardare non manca davvero nulla: dal doo-woop al surf, passando per i modellini di girl-group assemblati in studio da Phil Spector (fino a qualche tempo fa si parlava infatti di un possibile sodalizio con Mary Weiss delle Shangri Las) per arrivare fino alle band neo-puritane della Postcard più prelibata (non sarà sfuggita ai più svegli la non casuale collaborazione con l'ultimo Edwyn Collins), così come all'indie-pop friabile e biscottato del periodo C86. Ma i Drums non hanno mai fatto mistero circa la loro passione per gli svedesi Tough Alliance, ed ecco allora forse spiegato l'innesto di synth (in vago odore di New Order) e batterie elettroniche che caratterizzano la maggiore novità di "Portamento", soprattutto in pezzi come "Hard To Love", "Money" (ottimo testo), "I Need A Doctor" e "Searching For Heaven" (la più radicale nella costruzione).
Dopo il successo planetario del debutto, il gruppo, come molti sanno, ha perso per strada uno dei membri fondatori (il chitarrista Adam Kessler, che pare si sia dato improvvisamente alla vita in campagna) ma ha aggregato due nuovi elementi (tra cui Miles Matheny, chitarra dei wave-romantic Violens, da sentire assolutamente) spostando il batterista Connor Honwick alla chitarra e l'altro chitarrista Jacob Graham ai synth. Un chiasmo che ha dato i suoi frutti, senza tuttavia stravolgere o snaturare troppo la formula dell'esordio: una linea di sassofono impreziosisce la melodia cristallina di "What You Are", eppure non sembra essere passato nemmeno un secondo dalla vecchia "The Future", impressione ribadita dalle bellissime "Please Don't Leave", "In The Cold" o "If He Likes It Let Him Do It" (tra gli indiscussi picchi sentimentali della raccolta). Semmai si può parlare di un veloce apprendistato compositivo che sta portando la band a scoprire un'insospettabile complessità e che potrebbe segnare il progressivo passaggio, chi può dirlo, dalla piccola vignetta all'affresco vero e proprio.
Nel frattempo "Portamento" si lascia accarezzare come un sacchetto di piccole pietre, non troppo grezze, ma comunque preziose, che rotolano tra le dita confondendo i ricordi di un'estate già lontana.
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