19 ottobre 2011

The Zen Circus - Nati Per Subire: la recensione di SentireAscoltare

Nati Per Subire degli Zen Circus è uscito ieri e ci ha favorevolmente impressionato già ai primi ascolti. Quella che segue è la recensione pubblicata dal sito sentireascoltare.com


L’autentico problema da affrontare per una band reduce da un grande disco è il dopo. Il momento in cui aumentano le responsabilità, in cui rischi di abbracciare spazi più ampi rompendoti le ossa nello sforzo. Oppure di reiterare all’infinito una formula fino alla perdita di smalto e significato. Ci piace affermare con certezza che con Appino, Karim e Ufo ciò non accadrà. Per via di un “successo” costruito con appassionata fatica sui palchi della penisola e non solo, per una modestia pari al talento e alla chiarezza d’idee, per la credibilità di cui gode uno stile (quadrilatero intriso d’autoironia e vetriolo ai cui lati siedono Rino Gaetano, Eugenio Finardi, Pixies e Violent Femmes) destinato a durare e, speriamo, far scuola.
In tal senso funge da prova del nove Nati per subire, secondo album cantato interamente in italiano (disponibile anche in vinile per l'intraprendente Tannen) che i ragazzi spiegano figlio dell’urgenza di Andate Tutti Affanculo. Il che è in sostanza vero, benché gli ascolti tratteggino pian piano un’affilata reazione, un distacco per sottintesi eretto sulla cura di arrangiamenti essenziali e liriche viepiù mature e meno “generazionali”. Pian piano realizzi come nella sensazionale Il paese che sembra una scarpa senso d’insieme e disinvolta potenza esaltino il retrogusto di malinconia; che la circolare title-track direbbe la sua tra i solchi di Little Creatures e idem Ragazzo eroe (eh, quell’eco di Enzo Jannacci… ) in quelli di Hallowed Ground; che L’Amorale plana da Doolittle allo scopo di trainare cinquanta minuti nei quali il linguaggio di cui sopra incontra un sentire adulto, talvolta riflessivo.
Questa altresì la forza della mesta chiusa Cattivo pagatore e dell’elaborato, trascinante capolavoro Il mattino ha l’oro in bocca, del folk e dell’indie anni ’80 cuciti sul cantautorato nostrano in modo naturale (Atto secondo, Franco); del passo scanzonato e divertito di certe tracce (ma che contrasto tra innodico ritornello e parole amare ne I qualunquisti) e dei tanti ospiti funzionali all’insieme. A dispetto di un paio di frecce che centrano il bersaglio di sbieco perché i suoi artefici restano umani, Nati per subire è prezioso e sincero. Di gruppi così, nel Belpaese, ne occorrerebbero almeno una decina.
(7.4/10)

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